Storia

Umanesimo e rinascimento nella cultura bergamasca Ep.2

di Gianni Barachetti
- 15 novembre 2024
Umanesimo e rinascimento nella cultura bergamasca Ep.2

Dal punto di vista economico, mentre si assiste ad una serie infinita di tentativi che causano il fallimento di non poche imprese, si deve tener presente che le officine più serie si consolidano nel tempo, mentre risulta da subito fiorente la produzione dei centri universitari quali Bologna, Padova, Pavia, Siena, Pisa e Torino, dove l’utenza universitaria assorbe gran parte di ogni edizione. Il problema non si pone anche per Venezia, capitale di un vasto impero geografico e commerciale, organizzato in modo a dir poco encomiabile. I volumi che vedono la luce nella sue non poche tipografie si diffondono a macchia d’olio, portando la città ai primi posti nell’esportazione anche in questo non facile settore. Ma pure Milano non è da meno in virtù dei solidi rapporti commerciali che il capoluogo lombardo ha in atto con la Liguria e in particolare con la Svizzera. Diversa invece si presenta la situazione a Napoli, città che si vede costretta a produrre solamente per le zone limitrofe, povere e scarsamente popolate, mentre Firenze trova un terreno fertile nel buon livello culturale degli abitanti di tutta la regione, certamente al di sopra della media nazionale.

Il Quattrocento è un secolo di notevole rinnovamento spirituale e politico di gran parte del nostro Paese. Se da un lato le libertà che hanno contrassegnato la seconda parte del Medioevo vanno celermente spegnendosi, dall’altro si assiste ad un entusiastico rinnovamento delle arti e delle lettere che sostengono il pensiero italiano nei confronti con quello europeo.

Veniamo ora alle cose di casa nostra. Il Quattrocento bergamasco andrebbe maggiormente rimeditato perché presenta, in tutti i campi del sapere, personalità di spicco, punte di un iceberg che affonda le proprie radici sul pur ampio piedestallo del passato. Basta ricordare la non casuale venuta a Bergamo di Francesco Petrarca a metà del Trecento, così come la notevole attività, sempre nello stesso secolo, di un letterato e giureconsulto di notevole valore quale fu Alberico da Rosciate. La sua opera principale, intitolata ‘Super Codice’, in tre parti, è ancora tanto attuale che nel 1492 viene messa alle stampe a Milano da Ulrich Scinzenzeler.

immagine di Gasparino Barzizza
immagine di Gasparino Barzizza

Passiamo quindi ad esaminare più da vicino il secolo XV nel nostro territorio, prendendo in considerazione sia il versante prettamente culturale, cioè quello rappresentato dagli uomini di pensiero, sia quello della produzione libraria che si affaccerà solamente nel secolo successivo. Partiamo quindi dai bergamaschi che insegnano nelle università dove si ottiene cattedra a fronte di universali riconoscimenti professionali.

E subito incontriamo i due Barzizza: Gasparino e Guiniforte, padre e figlio. Gasparino nasce a Barzizza, piccolo centro della val Gandino, nel 1360. Figlio di un notaio lascia giovanissimo il paese per compiere i propri studi prima a Bergamo e poi a Pavia. Egli vive ed opera in un’epoca nella quale la stampa non ha ancora intrapreso la sua battaglia con il manoscritto: ragion per cui i saggi di questo nostro importante umanista verranno pubblicati postumi. Il suo nome comunque già circola, non solo per il fatto di tenere cattedra a Padova, ma anche perché sono noti i suoi scritti di retorica, di ortografia, il famoso lessico del dialetto bergamasco, i commenti alle epistole di Seneca, di San Paolo, al De Officijs di Cicerone.

A rendere parziale giustizia al Barzizza ci pensa l’università di Parigi: la Sorbona infatti, dopo aver impiantato la prima tipografia in Francia, inaugura la collana editoriale pubblicando ‘L’epistolarium opus’ del Barzizza: era l’anno 1470: opera che conterà successive ristampe nel 1485 e nel 1498. Ormai aperto il fronte, gli scritti di Barzizza trovano accurate edizioni a Lovanio, altro importante centro universitario, e poi in Germania e in Olanda. Si può affermare che gran parte del mondo accademico ha studiato sui testi del nostro letterato. Di successo si può quindi parlare perché è ancora la Sorbona a mettere sotto torchio, alla fine del XV secolo, il ‘Trattato d’Ortografia’.

Ciò nonostante si deve onestamente ammettere che in periodo di umanesimo duro ed aggressivo, come lo fu in parte quello milanese e quello veneto, Gasparino non incontra particolari riconoscimenti né morali né economici. Ha addirittura adattato la propria abitazione, sia a Pavia come a Padova, a pensione per studenti ai quali impartisce congiuntamente precetti di stile ciceroniano e precetti di virtù. Dai ‘Nuovi documenti per servire alla vita di Leon Battista Alberti’, editi dal Mancini, risulta, dalla presenza di due lettere del Barzizza, che l’Alberti riceve la prima istruzione proprio in casa del nostro concittadino.

La vita di Gasparino Barzizza può essere divisa in tre precisi momenti: il primo va dalla nascita alla presenza in Padova (1407), il secondo dal soggiorno in questa città (1407-1421), il terzo delle residenze a Milano e Pavia fino alla morte (1421-1431). ‘Rude genus Hominum sumus’ egli scrive riferendosi alla propria origine bergamasca, mentre nella vita si comporta con affabilità, schivo da onori, dedicandosi completamente allo studio, alla ricerca e all’insegnamento. Incapace di reazioni violente, di gelosie e di quelle orgogliose polemiche che avrebbero affossato gli umanisti dell’ultima generazione, egli porta un personale contributo all’idea.

Si tratta quindi di una personalità a tutto tondo che evidenzia chiaramente alcune delle doti che contrassegnano ancor oggi il carattere della nostra gente. Molti sono i suoi estimatori in patria e all’estero. Egli meriterebbe un vasto trattato perché diverse delle opere da lui lasciate non sono state ancora adeguatamente approfondite.

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