

Il 18 novembre 1894, veniva pubblicato il numero zero di "Giopì", un giornale satirico che usciva settimanalmente con 8 pagine di articoli e vignette al prezzo di cinque centesimi. In un'Italia ormai unificata da qualche decennio, mentre la stampa principale celebrava le glorie della nazione, a Bergamo un gruppo di giornalisti irriverenti decise di stimolare il pensiero critico del pubblico attraverso un foglio satirico. Il giornale fu creato da Teodoro Piazzoni, Benvenuto Trezzini e Annibale Casartelli, tre giornalisti acuti e pieni di talento, che scelsero di chiamarlo "Giopì", ispirandosi alla figura della nostra maschera popolare, famosa per la sua proverbiale "intelligenza oltre le apparenze" e talvolta anche pronta a ricorrere al randello. La grafica della testata fu affidata al noto pittore Alberto Maironi da Ponte. Sebbene il giornale potesse sembrare inizialmente semplice, la sua essenza satirica e pungente non risparmiava critiche a nessuno.
Il "Giopì" conquistò subito il cuore dei bergamaschi, che vi trovavano la voce per esprimere ciò che non andava nella città e nel paese. Veniva stampato dalla tipografia Fagnani e Galeazzi, situata al di fuori delle mura cittadine, e a Teodoro Piazzoni succedettero diversi direttori tra cui Giovanni Caglioni, Ismaele Ceroni, Francesco Flaccadori e Ferruccio Piazzoni. La linea editoriale non cambiò molto con il passaggio tra i vari direttori; il giornale continuò a essere irriverente, utilizzando spesso il dialetto bergamasco nelle sue vignette e articoli, che erano divenuti una vera e propria istituzione cittadina. Perseguendo questa linea, il "Giopì" non risparmiava critiche verso politici e religiosi, e non si tirava indietro nemmeno nei confronti della concorrenza, come il giornale "L'Eco". Nonostante i toni forti, il "Giopì" si distingue per la sua capacità di far riflettere e divertirsi allo stesso tempo.
Il giornale cessò la pubblicazione il 13 novembre 1915, interrotto dalla Prima Guerra Mondiale che travolse l'Europa. Tuttavia, nel 1919, il "Giopì" fece il suo ritorno con due numeri speciali dedicati a temi rilevanti come le elezioni politiche e la Fiera di Sant'Alessandro. Nel 1922 il nome del giornale cambiò in "Gioppino sotto i Portici", riflettendo l'evoluzione della città. Negli anni successivi, il "Giopì" continuò a essere una pubblicazione di punta, ma fu costretto a piegarsi alle necessità economiche, cercando pubblicità per sopravvivere e intraprendendo iniziative benefiche.
Nel 1923 il giornale assunse il titolo di "Ol Giopì", e la direzione passò a Arturo Cattaneo. La qualità delle illustrazioni e delle caricature divenne sempre più raffinata grazie a grandi artisti come Arturo Bonfanti, Bruno Montanari e Remo Manaira. Il giornale affrontò anche il periodo del fascismo con discrezione, moderando i toni della satira, ma continuando comunque a mettere in luce le contraddizioni sociali e politiche.
Nel 1924 nacque il Ducato di Piazza Pontida, che assunse un ruolo centrale nel panorama culturale bergamasco. L'anno successivo, il "Giopì" si unì al Ducato, acquisendo una qualità letteraria notevole grazie alla collaborazione con alcuni dei migliori poeti e scrittori bergamaschi: Rodolfo Paris, Angelo e Pietro Astolfi, Giuseppe Bonandrini, Luigi Citerio, Gianni Gervasoni, Ferruccio Grasselli, Guerino Masserini, Pietro Nicoli, Giacinto Pellegrini, Giuseppe Servalli, Antonio Arienti, Giovanni Bertacchi, Giacinto Gambirasio, Bortolo Belotti. Nonostante il passaggio di direzione e i cambiamenti nelle pubblicazioni, il "Giopì" continuò a trattare argomenti di cultura, tradizioni e politica, mantenendo sempre viva la sua vocazione satirica.
Nell’agosto del 1928, la direzione passò a Giacinto Gambirasio (Smiciatöt). Gli anni dal 1928 al 1938 furono anni fiorenti, che non facevano certo presagire il secondo stacco. Al partito fascista non era gradita quella faccia gozzuta sulla testata del giornale, considerata una specie di offesa all'italica razza, né tantomeno gli articoli e le vignette che satirizzavano i gerarchi e l'avanzante sopraffazione politica. Il giornale rispose alle minacciose ammonizioni rimuovendo la maschera dalla testata e, forse, moderando i toni satirici. Ma il destino era ormai segnato: prima fu imposto un vicedirettore esterno, Carlo De Martino, e poi arrivò la chiusura. Era l'11 dicembre del 1938. Per l’Italia si stava avvicinando l’ingresso nella Seconda guerra mondiale, un ulteriore fattore che giustificava, in parte, questa seconda interruzione.
Domenica 23 dicembre 1945, il “Giopì” tornò a intrattenere il pubblico bergamasco, sempre sotto l'egida del Ducato di Piazza Pontida. Il nuovo corso gli permise di ripristinare l'immagine di Gioppino nella testata; il giornale rimase composto da 8 pagine, con uscita settimanale e al prezzo di £ 10, sotto la direzione di Giacinto Gambirasio. Il direttore ebbe il merito di circondarsi di apprezzati studiosi, esperti dialettologi e talentuosi disegnatori. Il giornale crebbe, anche nel prezzo: prima a £ 12 (giugno 1947), poi a £ 15 (agosto 1947), successivamente a £ 20 (gennaio 1949) e infine a £ 25 (dicembre 1954), raddoppiando in soli sette anni. Cambiarono anche i direttori: a marzo 1947, Luigi Volpi, a gennaio 1949, Coriolano Mazzoleni, e a maggio 1950, Luigi Gnecchi. Fu l'inizio di un periodo d'oro per il “Giopì”, sostenuto dall’adesione al Ducato e dalla partecipazione di numerose personalità di spicco della società bergamasca: l’avv. Davide Cugini, il dr. Giosuè Truffelli, il comm. Lodovico Quadri, l’avv. Ubaldo Riva, il dott. Cino Rampoldi, l’avv. Sereno Locatelli Milesi, l’avv. Tino Simoncini, il dr. Gianfranco Goggi, l’ing. Luigi Angelini, il prof. Vittorio Mora, l’avv. Martino Vitali, l’avv. Pieralberto Biressi, il prof. Tarcisio Fornoni, il dott. Gianfranco Cantini, l’avv. Alfonso Vaiana, il prof. Giovanni Banfi, gli scultori Elia Aiolfi, Costante Coter, Gianni Remuzzi, Mario Vescovi, Nino Galizzi, Ferruccio Guidotti, Piero Brolis, i pittori Eugenio Bertacchi, Virgilio Carbonari, Luigi Brignoli, Giambattista Galizzi, Umberto Marigliani, Luigi Scarpanti, Tomaso Pizio, Cecco Previtali, Luigi Arzuffi, Angelo Bonfanti, Piero Urbani, Angelo Capelli. L’elenco non è esaustivo e si porgono scuse a chi non è stato menzionato.
Nel 1965, il giornale passò dalla cadenza settimanale a quella quindicinale, mantenendo questa frequenza fino ad oggi. Una modifica più radicale avvenne nel 1981, quando il "Giopì" fu ritirato dalle edicole e reso disponibile esclusivamente per gli abbonati annuali, al costo di £ 10.000. Nel 1984, dopo 33 anni di direzione, Luigi Gnecchi cedette la guida del giornale a Carmelo Francia. In quel periodo, il "Giopì" cambiò radicalmente aspetto, vestendosi di blu—non per celebrare Modugno, ma perché stampato con inchiostro blu—e si affinò notevolmente grazie alla meticolosa cura di Andrea Gibellini, "duca", e del giornalista Francesco Barbieri, che più tardi sarebbe diventato anch’egli "duca". A partire dall’anno 2000, il giornale si arricchì ulteriormente con l’adozione del colore, grazie alla passione di Bruno Agazzi, stampatore e "duca", e alla professionalità del giornalista Roberto Ferrante. Questi cambiamenti contribuirono a trasformarlo in uno dei periodici più raffinati del panorama bergamasco, perfettamente in linea con l’occhiello della testata: "Quindicinale di Cultura, Arte, Folclore e Tradizioni Bergamasche".
A fine 2007, dopo quasi 24 anni di direzione, Carmelo Francia cedette la carica a Gianluigi Morosini, attuale direttore. La qualità grafica del “Giopì” è stata accompagnata da straordinari artisti del disegno, come Ilio Manfredotti, Vania Russo, Aldo Bortolotti e Silvana Capelli. Tra i poeti che hanno arricchito le sue pagine, spiccano nomi come Umberto Zanetti, Gianfranco Ferrari, Abele Ruggeri, Piero Scuri, Lucia Rottigni Tamanza, Anna Rudelli e Remo Pedrini. Le voci di autori come Aldo Novi, Nico Capelli, Ermanno Comuzio, Mario Locatelli, Bernardino Luiselli ed Enzo Novesi hanno altresì impreziosito il giornale. E molti altri, doverosamente citati nel libro, avrebbero meritato menzione.
Il rapido progresso tecnologico che ha segnato il terzo millennio ha inciso anche sul “Giopì”. I nuovi mezzi di comunicazione, composizione e stampa hanno modernizzato la produzione del giornale, che, a partire da gennaio 2008, si è presentato con una nuova testata e un’impostazione grafica tematica più precisa. Pur mantenendo un formato stabile di 8 pagine a colori e la cadenza quindicinale, l’abbonamento annuo è stato fissato a € 30.
Così, in 120 anni, il “Giopì”, pur apparendo a tratti giocoso e scanzonato, ha sempre mantenuto un profondo legame con la sua Bergamo, documentandone arte, cultura, lingua, eventi e tradizioni in un’avvincente corsa dal Novecento fino ai giorni nostri.
Il futuro del Giopì è più vivo che mai e pronto ad affrontare nuove sfide nel mondo digitale! Nel 2025 nasce giopi.net, il nostro magazine online, che rappresenta la versione digitale del Giopì, un’evoluzione naturale di un giornale che da sempre ha celebrato la cultura, la tradizione e l’identità bergamasca. Proprio come i grandi quotidiani nazionali, anche noi affiancheremo la nostra edizione stampata con questa nuova realtà digitale, dando vita a una piattaforma innovativa e dinamica.
Con giopi.net, l’obiettivo è raggiungere un pubblico sempre più vasto e variegato, offrendo contenuti che spaziano dall’arte al folklore, dalla cultura alla lingua bergamasca, mantenendo intatta la nostra vocazione di narrare e preservare la tradizione. Il magazine online non solo permetterà di superare i confini geografici, ma sarà anche uno strumento interattivo e moderno per portare la bellezza e l'autenticità della nostra terra a chiunque voglia scoprire, apprezzare e vivere la Bergamasca, anche a distanza. Un passo importante per il Giopì, che guarda al futuro senza dimenticare le radici profonde che lo legano alla sua terra e alla sua storia.
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