La Morla da via Gavazzeni. - Foto di Reno Morazzini
Beatrice Marconi di linguaggio se ne intende, ha studiato a Milano, a Parigi, attualmente si trova all’università di Pisa. È nata a Bergamo, conosce la Morla e la Tremana e ha pure sentito parlare della Quisa, ma la questione femminile o maschile al momento la coglie di sorpresa.
Dice: “Quello dei nomi propri dei luoghi, dei toponimi, è un problema difficile perché bisogna compiere delle ricerche etimologiche puntuali, in quanto non ci sono regole grammaticali vere e proprie. In particolare, per i fiumi, a differenza di quanto succede ad esempio per le città che sono sempre femminili, ci sono molte variazioni e si oscilla tra maschile e femminile senza una ragione apparente. La maggior parte dei fiumi è al maschile, per esempio il Po, l’Arno, il Tevere, il Brembo, il Serio. Ma la lingua è qualcosa che si evolve, cambia. Se prendiamo il Manzoni vediamo che una parola come il viottolo viene detta 'la viottola'. Se prendiamo Pavese notiamo che l’albero, maschile, è in certi casi chiamato l’albera al femminile. Quindi ecco perché per rispondere bisogna risalire indietro”.
In questi ultimi cinquant’anni i nomi di Morla, Tremana e Quisa, i tre torrenti che scendono da Maresana e Canto Alto, tradizionalmente femminili, sono stati spesso espressi al maschile. Il modo di dire del linguaggio comune e del dialetto è stato man mano trasformato ad opera soprattutto di tecnici, politici e giornalisti. Il ragionamento di fondo è semplice: il fiume (o il torrente) è maschile, quindi è un errore dire la Morla o la Tremana, dobbiamo dire il Morla e il Tremana. E il Quisa.
La Morla verso via Bono
Ma, come nota Beatrice Marconi, si tratta di un ragionamento superficiale, solo in apparenza corretto. In realtà il mondo etimologico (cioè dei significati e delle derivazioni delle parole) è molto profondo. Continua Beatrice: “Dicevo che i fiumi in genere sono al maschile, ma conosciamo molte eccezioni. La Senna è femminile perché il nome deriva da una divinità degli antichi Romani. Ci sono molti altri casi. Penso alla Dora Riparia, fiume piemontese affluente del Po, alla Dora Baltea, pure affluente del grande fiume. E poi mi vengono in mente la Vistola, la Garonna, la Olona... E c’è il caso del Piave che fino alla fine dell’Ottocento era la Piave e che poi, per ragioni legate alla scolarizzazione e alla standardizzazione linguistica, è diventato maschile”.
Un caso simile a quello che sta accadendo per la Morla e che indica come la scolarizzazione spesso non conosca ragioni e tradizioni, risolvendosi in una “standardizzazione” linguistica del tutto superficiale che non riconosce il territorio e i suoi valori. Perché un fiume chiamato al femminile è qualcosa di molto diverso da un fiume chiamato al maschile: nel nome femminile entra una serie di valori differenti rispetto al genere maschile. Non dimentichiamo che l’acqua è femminile e che l’acqua è all’origine della vita. Nel femminile troviamo un riferimento alla fecondità tipico dell’acqua, che il nome maschile non può racchiudere.
La “cascata” di Zanica in una foto d’epoca.
E quindi non è una disputa semplicemente sui modi di dire, ma sui valori che noi riconosciamo a un corso d’acqua. Alla Morla i bergamaschi hanno sempre riconosciuto un significato di fecondità e maternità, superiore ad altri, per esempio a quello della forza. In favore del mantenimento del nome femminile si era espresso il mai dimenticato professor Lelio Pagani, esperto di geografia umana, docente all’università di Bergamo e presidente dell’Ateneo di scienze, lettere ed arti. Pagani aveva sottolineato il valore dell’uso e della tradizione della Morla nel linguaggio bergamasco.
Beatrice Marconi ha cercato l’origine del nome Morla. Spiega: “Nel dodicesimo secolo Mosè del Brolo scrive della Murgula e nel medioevo si trova anche la versione Morgula. L’origine del nome appare molto antica, forse dal celtico 'corso d’acqua' o 'limite, frontiera'. Si trovano riferimenti in età longobarda a una 'corte Morgula', cioè a un insediamento importante, di un signore con i suoi contadini e artigiani, forse dove si trova l’attuale Borgo Palazzo. Anche in questo caso il genere è femminile”.