Il restauro del dipinto la «Nascita di San Giovanni Battista»
- 30 novembre 2024
Il dipinto di Pietro Ricchi «Nascita del Battista» da poco restaurato è stato presentato nella parrocchia di Loreto dal Sovraintendente delle Belle Arti di Bergamo e Brescia. Ad una prima lettura sembra strana la «fascia» in diagonale che taglia in due parti la scena, interrompe i gradini di una scala ma non la luce che piove dall’alto; in cima alla scala i sacerdoti indicano una porta mentre Zaccaria, padre di Giovanni, ne conferma il nome.
In primo piano ai piedi della scala (a destra di chi guarda) c’è una donna in preghiera mentre un’altra indica la scala; nell’angolo un cagnolino non citato nel racconto tradizionale. Al centro in primo piano inscritte in un rettangolo Elisabetta tiene in grembo il piccolo Giovanni e le ancelle: una versa l’acqua, una mostra un panno bianco, un’altra osserva il piccolo; una bimba inscritta in un triangolo rovesciato esprime gioia. Nell’angolo a sinistra un giovane bello alla maniera greca sembra sorreggere alcuni elementi architettonici.
Nella tela manca un personaggio del racconto, l’angelo. Trattandosi di Giovanni l’ultimo dei profeti e l’unico santo di cui si festeggia la nascita, ti aspetteresti quello che annuncia l’arrivo del figlio a Zaccaria che da incredulo perde l’uso della parola. Una giusta punizione? Elisabetta e Zaccaria soffrivano già abbastanza perché non potevano più avere figli, una vergogna nel mondo ebraico. Erano anziani secondo il racconto ma nel dipinto Elisabetta è un figura solida, ben piantata, esprime vigore ed abbraccia con sicurezza il figlio. Predomina nel suo vestito il colore rosso con le varie tonalità negli abiti delle ancelle. Colore, studio geometrico (la tensione verso l’Armonia) delle forme nello spazio, luce suggeriscono una lettura che vada oltre la descrizione.
La fascia centrale e quella appena accennata come la «tenda» nel quadro di Piero della Francesca guidano l’attenzione sull’avvenimento che accade non solo nel dipinto, «aprono» sul significato del nascere che è l’essenza della realtà e dell’esperienza umana. Il generare infatti non ha nulla di misterioso: desiderio in tutti i suoi significati, attesa, speranza si intrecciano e l’essere factum est. Il bimbo è fatto prima che venga alla luce che nel dipinto ha un ruolo fondamentale e non può essere ostacolata: è la luce della speranza realizzata nel presente. C’è invece una distanza tra la speranza rimandata nel futuro che non conosciamo, per esempio quella dubbiosa di Zaccaria che difatti non può parlare, e quella che si concretizza nel corpo di un bimbo testimone della certezza che la vita continua. La tela ci dice su che cosa poggia la speranza se vogliamo che sia certa. La preghiera (le mani giunte), la fedeltà (il cagnolino), il rapporto tra la terra e il Cielo (la scala che unisce i due piani).
In alto è scritto: «Si chiama Giovanni» come aveva detto l’angelo a Zaccaria che reso certo può parlare. Giovanni significa «Misericordia e dono di Dio», un Dio che abbraccia tutto anche la sofferenza, il disinganno, le illusioni: su Lui poggia la speranza certa oggi, quella rimandata nel futuro è utopia, in greco significa «il luogo che non esiste», è irrealizzabile. Conviene dunque scegliere che la speranza sia oggi, scelta suggerita dal giovane che nell’angolo a sinistra guarda il bimbo, segno di vita nuova (il colore bianco) resa bella dall’acqua versata dall’ancella: il battesimo di Giovanni preannuncia quello definitivo di Gesù. Di Giovanni come di ogni uomo che nasce possiamo dire: «Tessuto da Lui nel grembo materno, ricamato nelle profondità della terra». È il Natale.