Mimma Forlani «Il paese delle aie» Storia della perduta civiltà contadina
di Silli- 30 novembre 2024

Bariano, dove la bassa bergamasca si inoltra verso i vasti spazi della Pianura Padana. Siamo nel 1958-9, anno scelto dall’autrice di una «Storia della perduta civiltà contadina» per ricordare quel mondo che stava scomparendo, come le lucciole di Pasolini. I suoi sono ricordi di un tempo vissuto intorno alle aie; ricordi che nascono «sonori nella memoria come l’acqua dai fontanili della pianura», di quando d’estate si sentivano ancora le rane gracidare nei fossati.

Il Miracolo economico è spuntato all’orizzonte e aumenta il numero dei giovani che lasciano le campagne per andare a cercarsi un lavoro in fabbrica, in un cantiere edile, magari come pendolari a Milano o nell’hinterland del capoluogo lombardo perché quel che si ricava da un fazzoletto di terra non basta più. Nei paesi compaiono le prime motociclette, le antenne di qualche televisore e il giovedì sera portando con sé la sedia ci si reca dal vicino più fortunato che lo ha già acquistato per vedere «Lascia o raddoppia?».
Il nuovo vola sulle ali delle canzoni di Domenico Modugno ma è arduo convincere adulti e anziani che le note di Nilla Pizzi e di Claudio Villa sanno di vecchio. L’italiano ingaggiò la battaglia con il dialetto attraverso gli schermi della TV e del cinematografo parrocchiale e occupa un posto di primo piano nelle pagine del libro che recupera e valorizza modi di dire, sentenze, proverbi che in quel mondo illetterato «socchiudevano piano piano la porta alla luce». Il nuovo entrava nelle case con i mobili in formica che sostituirono madie, credenze, tavoli sui quali i rigattieri si affrettarono a gettare sguardi interessati.
Il tempo che Mimma Forlani rievoca con precisione e partecipazione emotiva era cadenzato dal succedersi delle stagioni, ognuna delle quali dettava il lavoro delle donne e degli uomini, persino dei bambini. Insieme al succedersi delle quattro stagioni si snodava la trama di una vita strettamente intrecciata con la dimensione religiosa che affiorava nella quotidianità e non solo in occasione delle cerimonie nei giorni festivi o nelle grandi ricorrenze come le rogazioni, il 25 aprile, quando si invocava la protezione divina sui raccolti. Nelle aie fanno capolino le prime macchine a motore, mietitrici e trebbiatrici accolte con gioia dai bambini e con sollievo dagli adulti che ripensano alla fatica di un tempo non senza la preoccupazione per la possibile perdita di posti di lavoro. Resistette più a lungo la falce, per il taglio del fieno a mano, affilata sul sòch con la cut; i fienili erano uno dei luoghi preferiti dai bambini per i loro giochi.
Arriva l’autunno stagione del granoturco, della spannocchiatura nelle stalle o sotto il portico con le nonne che intonavano il rosario. Lo strassér passava da un’aia all’altra per comprare le pelli dei conigli e intanto ci si preparava per la vendemmia. Gli ultimi mezzadri escomiati aspettavano con ansia il giorno di San Martino in cui sarebbero stati costretti a caricare sul carro quel poco che avevano per andare alla ricerca di una nuova sistemazione. Si avvicinano l’uccisione del porsèl e soprattutto le feste di dicembre: Santa Lucia, il Natale, quando finalmente sulla tavola compariva qualche prelibatezza in più.
L’inverno era insidioso e gli occhi andavano ripetutamente alla catasta di legna sotto il portico per misurare il rapido scemare della scorta nel timore che non bastasse a causa dei rigori della stagione. Peraltro si scaldava solo la cucina; le camere da letto erano gelide. Talvolta anche le aule delle scuole che bambine e bambini ormai frequentavano regolarmente almeno fino alla quinta elementare. Le sere sono lunghe e nelle stalle si passa più tempo, raccontando storie magari paurose che fanno fare brutti sogni ai più piccoli.
Le aie paiono risvegliarsi a primavera quando il lavoro aumenta, nell’orto come nei campi e le donne avevano il loro bel da fare con i pollai. La settimana che precede la Pasqua è tempo di pulizie. Bisogna picchiare forte materassi e coperte con il battipanni per liberarli della polvere accumulatasi nei mesi precedenti. Poi i bucati con le lenzuola lasciate per qualche giorno immerse nei sòi con la lüssìa e portate poi sulla carriola fino alla roggia per il risciacquo. Maturano le ciliegie che i bambini si affrettano a raccogliere magari sull’albero di un proprietario che accorre promettendo un sonoro sciafù. La scuola sta per finire e qualcuno partirà in corriera per la colonia al mare o in montagna.
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